"Non ho memoria, almeno ne ho sempre avuta poca. E questo è un problema, perché ricordare aiuta sempre nella vita, specie se vuoi raccontare. Così mi arrampico sulle parole, battute su una tastiera però, che per me è più facile". Parte da qui, da questa confessione - strana per un giornalista con 40 anni di servizio, e di servizi, sulle spalle - il nuovo libro di Alberto Caprotti, inviato di Avvenire sui fatti dello sport e della vita. C'è la voglia di mettere il punto su una carriera composta da mille cose fatte, fortunata nella misura in cui non è dato ai giornalisti di oggi, di sognarne di simili. Un certo giornalismo - si dice - ormai è morto, gli editori non lo consentono più, ma a qualcuno è data la possibilità di proseguire. Sono pochi, saranno gli ultimi, e Caprotti è tra questi. E allora, 40 anni da inviato diventano un'occasione per voltarsi e vedere il percorso fin qui compiuto. Caprotti lo fa attraverso le sue storie, scritte e conservate. Lui c'era, le ha seguite da vicino. Oggi le ripropone. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I.E. S.r.l., oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.